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La nascita della Leggenda
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Brigata Sassari
La costituzione della Brigata

 La Brigata “Sassari”, fu costituita il 1° Marzo del 1915 a Tempio Pausania (SS) e a Sinnai (CA), su due Reggimenti, il 151° e il 152° fanteria, composti interamente da Sardi. La nuova unità venne considerata l’erede delle tradizioni del Terçio de Cerdena (periodo aragonese-spagnolo) e del Reggimento di Sardegna (periodo Sabaudo).

 Così a fine gennaio 1915, dal Capo di Stato Maggiore dell’Esercito partirono gli ordini per la formazione della Brigata Sassari.  I reparti del 151° si costituirono in Cagliari, con la leva obbligatoria riguardante tutti i comuni della provincia di Nuoro. I coscritti delle altre province confluirono nel 152° a Tempio. L’unità fu costituita  accorpando le compagnie  per mandamento, così  capitò spesso anche che intere squadre furono formate totalmente da uomini dello stesso paese e persino da parenti. In questo modo si crearono in modo naturale i sensi di solidarietà, di cameratismo e di emulazione poiché i soldati dei vari paesi vollero chiaramente dimostrare la propria “balentia”.

 In nessuna ricerca o studio sulla Brigata si ritrovano le motivazioni della creazione di un corpo formato su base interamente, e solamente, regionale. Si potrebbe ritenere che sia stato il solo  mezzo per “far partecipare” i sardi allo sforzo bellico, ma non dimentichiamo che era già nell’organico della Fanteria la Brigata Cagliari, 63° e 64° Reggimento, di stanza in tempo di pace a Salerno, la quale aveva tra i distretti di reclutamento proprio quello di Sassari; il 45° Reggimento Fanteria a Sassari e il 46° Fanteria a Cagliari avevano come distretti di reclutamento Avellino, Genova, Messina, Pinerolo, Roma e Venezia. Si sarebbe quindi potuto fare a meno di costituire una nuova brigata facendo confluire tutti i coscritti sardi in queste formazioni stabili.

Quale fu il motivo che indusse lo Stato Maggiore a costituire una Brigata  composta di soli sardi?
 Forse una risposta può essere ritrovata nella opportunità per l’esercito di dotarsi di una forza grezza, plasmabile secondo le necessità, socialmente  e politicamente gestibile. Inoltre per mettere alla prova i risultati operativi di un gruppo coeso per appartenenza territoriale e, forse ancora di più, dotarsi di una forza di intervento con delle caratteristiche culturali e politiche ben definite. Il 95% dei Sassarini apparteneva alle categorie dei contadini e dei pastori.(1)
 Lo Stato Maggiore si sarebbe dotato così di un gruppo operativo unito, culturalmente omogeneo, privo di influenze disgreganti, considerata l’assenza di figure impegnate politicamente contro il governo e la scarsa sindacalizzazione della popolazione delle campagne. Il fine ultimo quindi sarebbe stato quello di gestire una forza di intervento il più possibile incline alle strategie dei comandi militari.
La risposta alla domanda è solo questa: "Il caso!".
 Sì, il caso, la fretta, la necessità di coprire le forze e gli organici, ma questo solo per il primo tempo. La "disponibilità" (!?) del sardo a lanciarsi sulle trincee nemiche, stupì certo lo Stato Maggiore, che riprendendosi però subito dalla sorpresa pensò bene di sfruttare a proprio favore questa caratteristica. Decise così di ridurre mano a mano la pluri-regionalità della Sassari, (in fase di costituzione una parte dei coscritti erano di origine romano-laziale), trasferendo alla Brigata i sardi degli altri reggimenti di fanteria. E visti i risultati, questa operazione si ripetette varie volte nell`arco del conflitto, come confermato da Leonardo Motzo e Emilio Lussu.

 Anche Emilio Lussu ribadisce infatti, con le seguenti considerazioni, la continuata strategia dell’Alto Comando nella creazione, e nella conservazione, della Brigata su base regionale:

“Nella Brigata, si può dire che durante il corso della guerra passassero tutti i sardi aventi obblighi di guerra. E poiché nell`Isola fu fatta la leva in massa, alla quale si sottrassero solo i ciechi, vi passò tutta la Sardegna, nessun villaggio escluso. Per disposizione del Comando Supremo, i sardi inquadrati in altri reparti venivano man mano trasferiti alla Brigata. I vuoti che si creavano dopo ogni combattimento, sul Carso, sull`Altipiano d`Asiago, sull`Altipiano della Bainsizza, sul Piave, e poi ancora sull`Altipiano d`Asiago e sul Piave, venivano colmati da sardi. Nella prima azione offensiva svolta dall`esercito dopo Caporetto, e che prese il nome di battaglia di Col del Rosso — Col d`Ekele (Altipiano d`Asiago), le compagnie, essendosi precedentemente ridotte per le perdite subite a poche diecine d`uomini ciascuna, vennero ricomposte alla meglio in pochi giorni, col rastrellamento di tutti i sardi disseminati lungo tutto il fronte e nelle retrovie. Così ricomposta, la Brigata ruppe il fronte nemico. Anche i cappellani e i carabinieri addetti erano sardi.” (2)     
Nello specifico, alla Battaglia dei Tre Monti parteciparono alcune squadre composte  in toto dai cosiddetti  "ragazzi del `99". Queste, lanciate nella mischia, furono quasi decimate ma resistettero mantendo gli obiettivi e le posizioni assegnate, contribuendo quanto i veterani  alla vittoria finale. 
 Le capacità della Brigata Sassari vennero subito messe alla prova dall’Alto Comando con il primo teatro di battaglia nel quale fu chiamata ad operare, la zona  di Castelnuovo, prima del Monte San Michele. Alla Brigata fu chiesto di conquistare, e soprattutto mantenere, le posizioni di Bosco CappuccioBosco LanciaBosco Triangolare. La conquista delle posizioni antistanti la sella di S. Martino costarono alla Brigata la perdita di ben 2.420 uomini, fra i quali 464 i morti. Questi combattimenti furono però le prime eroiche tappe per l’attribuzione del primo titolo d`onore che la Brigata conquistò espugnando, nel novembre del 1915, le trincee delle "Frasche" e dei "Razzi", dove i morti furono 337. Per queste azioni alla Brigata fu concessa la citazione diretta, per la prima volta nella storia dell`Esercito, sul bollettino del Comando Supremo:
 “….  Sul Carso è continuata ieri l’azione. Per tutto il giorno l’artiglieria nemica concentrò violento ed interrotto fuoco di pezzi di ogni calibro sul trinceramento delle Frasche, a fine di snidare le nostre fanterie. Gl’intrepidi Sardi della Brigata Sassari resistettero però saldamente sulle conquistate posizioni e con ammirevole slancio espugnarono altro vicino importante trinceramento detto dei Razzi. Fecero al nemico 278 prigionieri dei quali 11 ufficiali.” (3)   

Ma i crudi numeri dei primi 5 mesi di guerra furono questi:

- feriti: 3531

- morti: 622

- dispersi: 205 (leggasi cadaveri non rinvenuti).

La Brigata era composta da 6.000 uomini e un battaglione di marcia: i fuori organico furono 4.358 !
Già  incontriamo l`incredibile percentuale di caduti con la quale la Sassari dovrà fare i conti per tutto il periodo bellico: il 13.75%!
Alla luce delle conseguenze di questo immane sacrificio, Camillo Bellieni racconta:
 "La brigata doveva essere ricostituita. Ed il Comando Supremo, violando nei suoi riguardi un caposaldo d`organica dell`esercito italiano, (il reclutamento na­zionale, fatta eccezione per i battaglioni alpini) volle conservare il carattere sardo alla brigata.
 Mentre sino a quell`istante la Sassari, pur essendo in grande preva­lenza composta di sardi, non aveva una esatta consapevolezza della sua funzione regionale, (alla stessa maniera di tutti gli altri reparti di fanteria, che uscendo dalla mobilitazione, ed essendo stati completati con i richiamati del Distretto dov`era la se­de di guarnigione, avevano avuto sino allo­ra una fisionomia occasionalmente regio­nale) da quell`istante, in seguito all`ordine del giorno Cadorna che richiamava da tutti i reggimenti i sardi per inviarli alla Sassari, essa divenne un reparto isolano, sentì di rappresentare un reparto d`eccezione.

 Piovevano in quei giorni da tutto il fronte soldati colle mostrine dai cento colori, lanciabombe, tiratori scelti, porta tubi di gelatina, elementi affezionati ai loro reggimenti, ben trattati dai loro co­mandanti, moltissimi in attesa di andare in licenza, le prime sospirate licenze an­nunziate dal Comando Supremo.

 Erano costoro gli elementi scelti di ciascun reggimento: messi a contatto con camerati del restante d`Italia, i sardi spinti dal sentimento d`orgoglio e d`emu­lazione che è vivissimo in essi, cercavano di essere i migliori, i più solerti, i più audaci; andavano alla ricerca della lode; godevano della ricompensa conquistata.
 Vivevano nella simpatica atmosfera mo­rale del loro reggimento, tradizione qual­che volta secolare, dovunque prodotto di una organizzazione precedente alla guerra. Strappati dal loro ambiente, questi sol­dati, irritati, spesso scontenti di abban­donare i compagni di altre regioni, (quelli che erano stati in tempo di pace i loro vicini di branda) furono inviati alla Bri­gata Sassari con una sola parola: Sar­degna.

 Siete sardi, dovete andare alla Bri­gata che ha fatto onore al vostro paese, per combattere e morire dove hanno com­battuto e son morti i vostri fratelli sardi, per la gloria della Sardegna.

 Tremendo richiamo a tutti i miste­riosi vincoli di sangue, ad un processo di selezione di razza compiuto nell`isola­mento di secoli in una terra che più di ogni altra macchia con la sua impronta gli uomini che vi nascono, capace di as­sorbire e trasformare completamente in due generazioni le genti forestiere che vi prendono stanza.

 La prima salita in trincea, per tenere il fronte, vide appunto questo strano spet­tacolo: soldati di tutti i reggimenti del fronte, privi di alcun affiatamento fra loro, che tenevano a conservare le anti­che mostrine, senza ruollini, senza spi­rito gerarchico, ma stretti assieme da un solo vincolo: fare onore alla Sardegna, con un solo mezzo di comunicazione: il dialetto, i molti dialetti sardi, parlati pro­miscuamente, quasi per sfogo nostalgico, reciprocamente intesi.
 Era una grossa tribù di sardi che teneva il fronte. E tutti si prodigavano in azioni individuali, in colpi di mano, perché bisognava far vedere che i nuovi, provenienti da altri reggimenti, non erano da meno degli altri, di quelli che erano morti, o, scarsi superstiti, rappre­sentavano una piccola minoranza della compagnia."  (4)
 
 Nello specifico Camillo Bellieni riporta anche i suoi tormentati sentimenti, quando in seguito alla circolare Cadorna, del dicembre del 1915, prese la decisione di unirsi alla Brigata Sassari, lui che essendo ufficiale non ne aveva l`obbligo:
 "Andavo egualmente sul Carso per obbedire alla strana disposizione del Co­mando Supremo che imponeva ai militari di stirpe sarda di raggiungere al più pre­sto la Brigata Sassari, che doveva essere al più presto ricostituita. Agli ufficiali della medesima stirpe era lasciata beni­gnamente facoltà di seguirli o di restare al proprio Reggimento.
 Ed appunto come protesta contro questo provvedimento d`eccezione nei riguardi dei miei poveri compaesani, che venivano strappati dal loro reggimento, diventato una seconda famiglia, a cui erano legati dai dolci ri­cordi della vita di guarnigione, io crede­vo mio dovere seguirne la sorte. Vago sentimento di solidarietà, perché allora, impeciato di democrazia e di futurismo, combattente e antimilitarista per una Eu­ropa senza barriere doganali e con una sola civiltà, io non credevo alla Sardegna.
 Ma arrivato a Fogliano, ai piedi del greppo rosso, un piccolo brivido di com­mozione nelle vene: ecco le salmerie del­la brigata, ecco i primi soldati dal carat­teristico viso, con gli occhi neri vicini, il profilo sporgente, e la sagomatura del corpo che ricorda certe figure stilizzate delle pitture murali egiziane. E tu cre­devi d`aver dimenticato il tuo paese!
 Non ti accorgevi di portarlo con te non solo nel volto, in tutto il fisico, ma anche nella tua forma mentis, che tutti i dilet­tantismi e tutte le esperienze di vita riusciranno appena a debolmente modificare.
 Certo che la razza, questa antipatica for­mula nazionalista, la "stirpe" del Sig. Ca­dorna, viveva in quella piccola folla sempre più fitta man mano che ci s`inoltrava nei camminamenti, appariva in quei soldati dall`aspetto ingenuo e primitivo, come il marchio di un invisibile demiur­gico sigillatore.
 Quasi tutti andavano in su, come me, uomini di cento reggimenti, per fare onore alla Sardegna, in obbe­dienza all`ordine di servizio Cadorna." (5)
 

(1) Emilio Lussu, La Brigata Sassari e il Partito Sardo d`Azione, in «Il ponte», a. Vili, n. 9-10, settembre 1951. 
(2) Emilio Lussu, La Brigata Sassari e il Partito Sardo d`Azione, in «Il ponte», a. Vili, n. 9-10, settembre 1951.
(3) Dal Bollettino di Guerra n. 173 (15 novembre 1915, ore 18).
(4) Camillo Bellieni, "Emilio Lussu", Il Nuraghe, Cagliari, 1924, p.29-31.
(5) Ibidem, p. 9-11

è un'idea di Roberto Pilia
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